…sul sovranismo
Il sovranismo, un ottuso rigurgito nazionalista.
Un passo indietro verso un prevedibile isolamento del nostro paese che non rafforza ma di certo limita invece quelle certezze giuridiche che fanno perno sul diritto internazionale acquisite con processi condivisi e spesso complessi dalle democrazie moderne tutte, nei quali gli stati civili dunque si riconoscono nei rispettivi ordinamenti costitutivi per ottemperare e normalizzare in modo fluido e condiviso le transazioni e i rapporti in genere tra di loro.
“Nazionalizzare” il diritto internazionale oscura la nostra credibilità che poggia sulla democrazia diretta e sul federalismo, concetti mondialmente riconosciuti come le forme più moderne, forti e sicure di gestione politica, e di fatto rende la Svizzera meno trasparente, attrattiva ed affidabile in qualità di partner internazionale negli scambi commerciali, nel riconoscimento dei diritti dell’uomo e non solo.
Un scelta di ingiustificato sovranismo che ci riporta indietro e che e si allontana dal pensiero che vede nell’universalità dell’uomo e nella difesa dei suoi diritti un valore irrinunciabile simbolo di progresso democratico e di benessere.
Un cambio di rotta che contrariamente alla cultura della diversità ed apertura al mondo che ci contraddistingue, fa della propaganda di chiusura a difesa di una paventata perdita dei diritti democratici, il suo punto di forza e non vede invece nell’appartenenza ad una comunità d’intenti e di fatto l’unica solida base possibile di crescita e convivenza pacifica.
Un atto fine a se stesso che utilizza gli strumenti e le scorciatoie della democrazia diretta per allontanarsi dal confronto politico reale e affidare al popolo le responsabilità di scelte delicate e difficili che possono condizionare complessi equilibri internazionali e ritorcersi di conseguenza contro al stessa Svizzera.
Una teoria che non aderisce al concetto che il valore dei singoli nasce dal confronto coi tanti, con la condivisione della diversità vista come forza aggregante e non come pericolo dal quale difendersi.
Una navigazione in solitario a ritroso, una deriva lenta ed inesorabile che ci riporta a lidi lontani ed esperienze vissute in apparenza più sicuri, per non riposizionare il timone a dritta verso rotte e percorsi indicati dalle carte nautiche del progresso, dello scambio della cooperazione.
La testardaggine nel portare avanti questa proposta, che non lascia spazio nella sua formulazione ad alcun possibile dibattito che si discosti dal quel prodotto preconfezionato e non più modificabile, da accettarsi a scatola chiusa, non porta lontano, crea tensioni interne ed esterne che producono effetti collaterali seri ed imprevedibili.
Chi non accetta la proposta, viene tacciato da attentatore alla costituzione che mette in pericolo la democrazia stessa, ma bisognerebbe iniziare a riflettere sul fatto che non c’è una costituzione e una democrazia, la nostra, bensì tante costituzioni e democrazie quante sono le nazioni con le quali ci confrontiamo nelle nostre attività commerciali, di ricerca, di politiche ambientali, di utilizzo delle risorse, del lavoro.
Dunque vanno cercati punti di interazione e convergenza e non viceversa creando compartimenti stagni a difesa di non si sa quali possibili ricatti.
Per un paese relativamente piccolo come il nostro, inserito però in un contesto europeo nel quale ingenti quote di scambi commerciali di beni e servizi e non solo transitano dalle nostre parti creando ricchezza e sviluppo, necessitiamo di collaborazioni, accordi, interazioni, cooperazioni in tutti i settori, e dunque l’isolamento che ne potrebbe derivare da azioni come quella in votazione è controindicato ed autolesionista in tutti i sensi.
Mi domando , quando ci si erige a difensori in nome del popolo e della costituzione, di quale categoria stiamo prendendo le veci, i lavoratori, gli industriali, gli imprenditori, gli scienziati, gli accademici, i medici gli artisti, i casalinghi ? Quali di questi settori della popolazione si pretende essere veramente in pericolo senza l’autodeterminazione ?
Franco Marinotti
Presidente verdi liberali Ticino