Corriere Del Ticino 14 marzo 2024: …sui giovani
Si dicono molte cose, oggi, sui giovani.
Ma quand’è che si dirà che il mondo che gli stiamo consegnando è triste e opprimente e volgare, e che siamo noi adulti che, non siamo capaci di costruire per loro un futuro aperto e un mondo migliore?
Parto da questa domanda che si pone la filosofa e scrittrice Michela Marzano, che ben identifica le ragioni di questa situazione di disagio che vivono i giovani oggi, e che noi adulti fatichiamo a comprendere, e quasi per metterci la coscienza a posto, spostiamo su di loro e con violenza, l’incombenza di risolverla.
La mia di domanda è invece, cosa fa la politica cittadina a questo riguardo?
Dai messaggi che si sentono non ultimo nei recentissimi dibattiti elettorali televisivi, non ci si può aspettare che le cose cambino, fino a quando si smetterà di identificare i giovani come una merce da spostare qua e là affinché stiano calmi ed innocui nel loro brodo.
Alcuni esempi sono lampanti: «abbiamo creato Lugano Marittima affinché abbiano il loro sbocco, possano sfogarsi e divertirsi» o magari «stiamo creando spazi alternativi dove i giovani possono gestirsi in autonomia…vediamo cosa sapranno fare» o magari ancora «i giovani in città possono trovare quello che vogliono» e ancora «un discorso di cui ci occuperemo in seguito: la cultura alternativa e l’offerta supplementare a livello di gioventù» e dulcis in fundo «il tema dei molinari è principalmente un tema di ordine pubblico» e per carità…mi fermo qui.
Ognuna di queste affermazioni porta con sé un messaggio subliminale, che vuol far credere che i problemi li hanno i giovani e che nostro malgrado tocca a noi di risolverglieli, invece di ammettere che i problemi li abbiamo noi e non loro, e sono conseguenti alla società che abbiamo costruito con tutta una serie di ostacoli che di fatto li tengono lontani da un potere in mano agli «anziani» che in realtà non li vuole coinvolgere, né tantomeno stimolare un confronto, e dunque non li prefigura con un ruolo sociale attivo, se non a parole «preelettorali».
Il prodigarsi a rendere disponibili spazi o «contenitori» sempre che non siano «riserve» dove rinchiudere ed escludere, potrebbe essere in presenza di programmi di inclusione ed integrazione, e di inserimento alle dinamiche sociali attuali, un interessante inizio, non per risolvere i loro di problemi, ma per iniziare a renderli attivamente partecipi nella gestione dei nostri.
Il pericolo è che poi di fatto succede che, per facilitare processi di «autodeterminazione» (termine poco significativo se non pure strumentale), senza una progettualità mirata, non si fa altro che ulteriormente isolarli dalla società attiva, collocandoli in un mondo irreale, per poi sostenere: «vedete, non sono preparati per affrontare le insidie che ci si presentano dinnanzi».